METALITALIA.COM FESTIVAL 2017 – giorno 1
09/09/2017 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)
Running order e programma meet&greet:
Apertura porte: 13.30
14.30/15.00 – TRICK OR TREAT
15.00/15.15 – meet&greet LABYRINTH
15.15/15.45 – HOLY MARTYR
15.45/16.00 – meet&greet GRAND MAGUS
16.00/16.50 – WHITE SKULL
16.50/17.10 – meet&greet RHAPSODY OF FIRE
17.10/18.00 – SECRET SPHERE (20th anniversary show)
18.20/19.20 – LABYRINTH
19.20/19.40 – meet&greet SECRET SPHERE
19.40/20.40 – GRAND MAGUS
20.40/21.00 – meet&greet WHITE SKULL
21.00/22.30 – RHAPSODY OF FIRE
22.30/23.00 – meet&greet HOLY MARTYR e TRICK OR TREAT
23.00/00.30 – EDGUY (25th anniversary show)
Crediti di Redazione (organizzazione, stand, meet&greet, report in diretta, varie ed eventuali):
Alessandro Corno: produzione e organizzazione generale
Chiara Franchi: aggiornamento news live
Dario Onofrio: report in diretta (Holy Martyr, Secret Sphere, Rhapsody Of Fire)
David Scatigna: assistenza informatica e fotografie meet&greet
Enrico Dal Boni: fotografie meet&greet
Francesco Castaldo: fotografie report in diretta e pubblico, live video
Lorenzo Ottolenghi: assistenza alla produzione (driver)
Luca Corbetta: assistenza alla produzione, area meet&greet
Luca Pessina: assistenza alla produzione, sbraccialettamento
Marco Gallarati: allestimento stand, coordinamento report in diretta, report in diretta (introduzione, Trick Or Treat, Grand Magus)
Maria Chiara Braida: allestimento stand e gestione concorsi
Sara Sostini: allestimento stand e gestione concorsi
Simone Vavalà: assistenza alla produzione, sbraccialettamento
Valentina Mevoli: banchetto merchandise ufficiale
William Crippa: report in diretta (White Skull, Labyrinth, Edguy)
Introduzione
E siamo ancora qui, al Live Music Club di Trezzo sull’Adda, per una nuova edizione del Metalitalia.com Festival, ormai giunto alla sua sesta edizione, un traguardo insperato, a tornare indietro nel tempo al novembre 2011, quando il nostro portale intavolava le prime trattative e le prime idee per mettere in piedi un evento serio e professionale, duraturo nel tempo. Attraverso una crescita costante e con una cura del dettaglio maniacale, arriviamo oggi a proporre la prima versione della manifestazione durante due giorni, una soluzione cercata già nelle più recenti edizioni, ma poi abbandonata per impedimenti vari. Quest’anno, invece, le coordinate sono state più favorevoli e ci troviamo oggi, 9 settembre, a presentare la prima giornata del MIF 2017, incentrata quasi totalmente sul metal classico di stampo power, con i tedeschi Edguy a fungere da headliner e alle prese con un anniversary show per il loro 25ennale di carriera. A scendere, poi, troviamo un bill che, parecchio omogeneo, analizza per bene e con gusto svariate sfumature dell’heavy metal più orecchiabile: si va dal symphonic metal cinematografico dei nostri Rhapsody Of Fire al progressive-power dei ‘rivali’ Labyrinth, dall’epic metal classico e roccioso di Grand Magus e Holy Martyr alla vecchia scuola dei White Skull, senza dimenticare gli ormai esperti Secret Sphere e gli opener di giornata, i Trick Or Treat, noti ad inizio vita come coverband degli Helloween. Si prospetta quindi una sorta di appuntamento imperdibile per gli amanti di determinate sonorità.
Appuntamento odierno che speriamo non venga funestato dal maltempo previsto da sabato pomeriggio a domenica pomeriggio: per adesso, ore 13.25, non v’é traccia di pioggia e il Sole fa capolino tra le nuvole. Il Live e’ stato allestito in modo da non dover correre troppo ai ripari, con l’ampia area esterna all’aperto esclusivamente riservata al relax e al bivacco. Nella tenda esterna, invece, troverete il Metal Market, il chiosco gestito dagli amici di MiVeg e la zona riservata ai tanti meet&greet previsti. Nel locale principale, invece, presenti i soliti stand musicali, Tsunami Edizioni, il merchandise ufficiale e la nostra postazione giornalistica, alla quale i vincitori dei contest devono venire a ritirare il premio assegnato. I due bar e il ristorante del locale completano un’offerta che pare sempre più allettante e di gusto.
Non ci resta che aprire le porte ora, farvi entrare e lavorare al meglio per farvi godere appieno questa giornata – o questa 2-giorni, se avete acquistato l’abbonamento – di sano metallo.
Buon Metalitalia.com Festival 2017!
(Marco Gallarati)
TRICK OR TREAT – 14.30/15.00
Provenienza: Modena, Italia
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Best Opener Ever. La t-shirt indossata da Alessandro Conti la dice lunga sull’attitudine on stage dei Trick Or Treat, ovvero autoironia, goliardia, ironia e divertimento. Forse proprio i ‘best opener ever’? Chissà, forse sì e forse no. Comunque sia, la band di Modena ha saputo destreggiarsi molto bene nonostante la sola mezzora a disposizione, il pubblico sì inneggiante ma ancora non foltissimo e suoni non perfetti, con una batteria poco incisiva e qualche confusione sparsa nell’intreccio delle chitarre. La simpatia della formazione ex coverband degli Helloween ha fatto il resto, riscaldando gli astanti quel tanto che serve per predisporre bene l’animo al resto della giornata. E meno male, altrimenti niente 10% del cachet ai Nostri (come scherzosamente accennato dallo stesso Conti). I Trick Or Treat hanno proposto una scaletta di soli cinque brani, quattro tratti dall’ultimo “Rabbits’ Hill Pt. 2” ed uno, inedito, che sarà presente sulla prossima fatica discografica del quintetto, ovvero un album di cover di sigle di cartoni animati anni ’80, a quanto dice la stessa formazione molto richiesto dai fan. Scelta discutibile, certamente, ma ciò che é contato quest’oggi é stata la foga distruttiva con la quale i ragazzi hanno interpretato la storica sigla di “Daitarn III”, pietra miliare indimenticabile per chi é cresciuto con i robottoni giapponesi protagonisti dei lunghi pomeriggi invernali di ormai trent’anni e passa fa. Una buona partenza, dunque, per il festival. Ma avevamo pochi dubbi in merito. Ora Holy Martyr, già da qualche minuto sul palco!
(Marco Gallarati)
HOLY MARTYR – 15.15/15.45
Provenienza: Cagliari/Milano, Italia
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Potremmo usare qualsiasi aggettivo attribuibile alla roccia per descrivere il concerto degli Holy Martyr: la band mancava dai palchi italici da ben cinque anni, proprio dal Metalitalia.com Festival 2012. Un cambio di line-up e un nuovo disco sul Silmarillion hanno finalmente riportato la squadra capitanata da Ivano Spiga a esibirsi dal vivo: solo trenta minuti di concerto sono bastati per riportare a Trezzo l’epic metal nella sua più genuina forma, con un Alex Mereu sempre pronto a infiammare gli animi dei presenti. Si parte proprio con “Numenor”, opener dell’ultimo “Darkness Shall Prevail”, che toglie tutti i dubbi su come avrebbero reso i nuovi pezzi dal vivo. L’epic-doom metal che traspare da questo disco, carico di influenze come Cirith Ungol e altri grandi maestri del genere, acquisisce una potenza battagliera che scatena i partecipanti, specialmente quando capiamo che si sta parlando dei Dunedain e del loro scontro con il Re degli Stregoni di Angmar in “Born Of Hope”, seconda traccia presentata in questo live al Metalitalia.com Festival. Stefano Lepidi e Paolo Roberto Simoni sembrano essersi amalgamati perfettamente con gli altri tre musicisti che compongono il combo, proprio perché quando si va a recuperare le vecchie glorie come “Shichinin No Samurai” o l’attesissima “Vis Et Honor” il gruppo riesce sempre nel suo intento: arrivare diretto come un pugno nelle gengive degli ascoltatori, scatenandone la furia belluina. La chiusura è affidata a “Lakedaimon”: anche chi non conosceva gli Holy Martyr e si è ritrovato nella platea per curiosità viene catapultato nel loro mondo di guerre ed eroi in questa potentissima canzone sugli Spartani. L’epic metal italiano è ancora vivo e vegeto.
(Dario Onofrio)
WHITE SKULL – 16.00/16.50
Provenienza: Vicenza, Italia
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Quasi trent’anni nel metallo, ma non sentirli: i White Skull il prossimo anno compiranno ben tre decadi e di storia ne trasudano davvero quando salgono in perfetto orario sulle assi del palco. Forti di un nuovo meraviglioso album, “Will Of The Strong”, uscito ad inizio giugno, i White Skull si presentano on stage dopo l’intro di rito, “Endless Rage”, con l’opener dell’ultimo lavoro, “Holy Warrior”, che i fan presenti mostrano di conoscere già e che cantano a squarciagola. Si bissa subito con “I Am Your Queen”, pezzo dall’andamento sincopato che dal vivo suona catchy e smorfioso al punto giusto da evocare un grande applauso alla sua conclusione. “The Roman Empire” è un grandissimo brano, che riproposto in sede live ottiene sempre grande riscontro dal pubblico, pubblico che al termine del pezzo si lascia andare in un grande coro all’indirizzo di Tony ‘Mad’ Fontò, ‘il capitano’, coro che verrà ripetuto più volte durante l’esibizione. “Under This Flag”, title track del lavoro precedente, datato 2012, è intensa come sempre, con Federica De Boni accompagnata dal sing along della venue. Il tempo a disposizione non è illimitato e la band preferisce virare sui brani del nuovo album, con la title track, potentissima, e l’intensa “Lady Of The Hope”, episodio struggente dedicato ad Evita Peron, che anche in sede live mantiene la lunga coda strumentale sulla quale si staglia la voce dell’ex first lady argentina. La band oggi è davvero in forma, con il nuovo innesto Alessandro Muscio sugli scudi, autore di una grandissima prova alla sua tastiera; ma sono solo quisquilie, perché tutto il gruppo oggi merita un grande plauso. “Red Devil” colpisce per le sue sfumature allegre, create dalle tastiere, prima che il concerto termini nell’epica e nella leggenda sulle note della clamorosa “Asgard”, accompagnata da un Live ormai caldissimo.
(William Crippa)
SECRET SPHERE – 17.10/18.00
Provenienza: Alessandria, Italia
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Grande l’attesa per una doppietta power/prog che comincia proprio con i Secret Sphere, reduci dall’uscita del loro ultimo “The Nature Of Time”. Chi segue Metalitalia.com potrebbe aver letto il live report del Triumvirate Tour, che vedeva coinvolti i suddetti insieme a DGM, Trick Or Treat e Skeletoon: ebbene, anche stavolta la band capitanata dall’istrionico Michele Luppi e dal mastermind Aldo Lonobile non manca di emozionare un Live Club che comincia a raggiungere una considerevole quantità di partecipanti. “The Call” scatena già tutti gli appassionati del genere, per poi lanciare la band in una scaletta incentrata principalmente sull’ultimo lavoro in studio, senza dimenticare pezzi dal penultimo “Portrait Of A Dying Heart”, come “The Fall” oppure la sentitissima “Lie To Me”. Per l’occasione i Nostri si sono portati anche due coristi che aggiungono parecchio a canzoni già di per loro perfette: poter sentire pezzi come “Faith” con dei cori che ricalcano fedelmente il lavoro in studio è un’emozione unica. Ma le sorprese non finiscono qui, perché su “Rain” viene chiamato sul palco Roberto ‘Ramon’ Messina, l’ex singer della band, che infiamma il pubblico con la sua ugola d’oro. A seguire c’è la succitata “Faith”, introdotta da un Luppi che di nuovo riveste i panni di Re Julien di Madagascar e ci fa ridere improvvisando “Mi Piace Se Ti Muovi”, con il suo consueto umorismo da mattatore. Tanti applausi se li prende anche Aldo Lonobile, autore di una performance sempre impeccabile, mentre Andrea Buratto con il suo basso non sta mai fermo, monopolizzando la parte destra del palcoscenico. La musica dei Secret Sphere passa senza problemi da momenti di alto lirismo a parti più sostenute, ed è proprio con un mix di entrambe queste anime che veniamo salutati: “Oblivion” è solo l’introduzione per l’ultima, immancabile “Lady Of Silence”, cantata da entrambi i cantanti che hanno reso questa band grande. Un concerto ‘tecnico’, ma anche scanzonato come si confà al prog/power made in Italy.
(Dario Onofrio)
LABYRINTH – 18.20/19.20
Provenienza: Massa, Italia
Freschi autori di uno dei dischi che a fine anno dominerà nelle poll delle redazioni metal e del pubblico, “Architecture Of A God”, i Labyrinth sono attesi oggi ad una prova maiuscola, ineccepibile, all’altezza della fama ritrovata dopo l’oblio durato oltre un decennio. Ma non tutto può andare sempre secondo i piani, ed oggi i Labyrinth sono qui a dimostrarlo. Già la partenza è con handicap, quando “Bullets”, opener di “Architecture Of A God”, vede il volume delle tastiere di Oleg Smirnoff totalmente sbilanciato, tanto da coprire tutti gli altri strumenti. Tiranti non ne fa un dramma (‘perchè – si sa – queste cose succedono nei festival’), ma qualcosa si è rotto nella concentrazione del combo, che da qui in poi, pur non andando del tutto nel pallone, commetterà comunque errori non all’altezza del proprio nome: false partenze in un paio di brani ed un clamoroso errore di comunicazione con John Macaluso nel finale (un attacco di drumming della canzone sbagliata) alla fine dei conti vanno a rovinare uno show che sulla carta doveva essere perfetto per forza. Diviso in due parti nette il set: composto da brani provenienti dall’ultimo capolavoro nella prima sezione, più riflessiva e dinamica, mentre basato sui pezzi storici di “Return To Heaven Denied” nella seconda, power e diretta; buona la prova strumentale, soprattutto dell’accoppiata di asce Olaf Thorsen / Andrea Cantarelli, capace di assoli funambolici e vere e proprie magie chitarristiche. Solito, monumentale Tiranti, che invecchia solo anagraficamente. Uno show che poteva essere magico, ma che alla fine di “Moonlight” lascia dietro sè un retrogusto di incompiuto ed arrangiato in maniera non sufficiente.
(William Crippa)
GRAND MAGUS – 19.40/20.40
Provenienza: Stoccolma, Svezia
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E finalmente! Dopo tre concerti più o meno validi e avvincenti, incentrati esclusivamente su sonorità power e prog metal (White Skull, Secret Sphere e Labyrinth), arrivano i Grand Magus a riprendere il filo del discorso degli Holy Martyr portando il Live di Trezzo su temperature importanti; mentre fuori, la tanto attesa pioggia sta scendendo laconica. L’epic classic metal, tinto da venature doom, del power-trio svedese ha raso al suolo ogni resistenza, carico di un groove quasi totalmente assente finora al festival e accolto con grandi scapocciamenti e pogo furioso fin dalle prime tracce, “I, The Jury” e l’anthemica “Varangian”, cantata e inneggiata da tutti gli astanti. Astanti che sono cresciuti di numero man mano che il Grande Mago proseguiva nell’esibizione, attratti dai riff semplici e dal basso protagonista della coppia d’asce JB Christoffersson / Fox Skinner. Un’ora piena a disposizione per i Nostri, in uno slot utilissimo a far rifiatare l’audience e a modulare su corde diverse il suono piuttosto monotematico della giornata odierna. La stessa voce senza squilli di JB è stato un toccasana per alcune orecchie poco abituate agli alti toni dei vari Conti, Luppi e Tiranti. “Steel Versus Steel” e “Iron Will” sono stati altri due momenti topici del gig, per non parlare di “Like The Oar Strikes The Water”. Una scenografia scarnissima – no backdrop, no stendardi, niente di niente – una batteria minimale, un basso, due microfoni, una chitarra: é bastato pochissimo per far calare i convenuti in un’atmosfera battagliera ed epica, carica di suggestioni e, soprattutto, mazzate. “Hammer Of The North”, con un coro atmosferico da pelle d’oca, ripreso anche subito dopo la fine del concerto, al momento dei saluti, ha chiuso una performance pressoché perfetta, poderosa e conciliante con la parte più aggressiva del metal classico che, detto tra noi, non può mancare. Ottimi Grand Magus.
(Marco Gallarati)
RHAPSODY OF FIRE – 21.00/22.30
Provenienza: Trieste, Italia
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Sono i Rhapsody veri? Sono una cover band? Sono finti? Cosa importa, in fondo? Nonostante l’operazione di “Into The Legend” non sia stata proprio un capitolo brillante della vita di Alex Staropoli, i Rhapsody Of Fire hanno infiammato il Live Club. Inizia tutto con l’intro di “March Of The Swordmaster”, messa solamente per provare una base, che inevitabilmente scatena il pubblico, fino a un momento prima in piena tensione da pre-show. Protagonista assoluto di questo concerto è stata l’ugola d’oro di Giacomo Voli, che forse alcune volte ha voluto un po’ strafare, ma di base è riuscita a farci emozionare, cantare e saltare su ogni singolo pezzo della serata. Oltre a nuovi brani come “Distant Sky” e “Reign Of Terror” non potevano infatti mancare i grandi classici della band, dei quali assoli e riff sono stati straordinariamente interpretati dall’ormai onnipresente Roberto De Micheli alla chitarra. Sarà che si partiva da aspettative basse, ma sentirsi “Land Of Immortals” o “Holy Thunderforce” dal vivo è sempre una gioia per le orecchie di qualsiasi ascoltatore di power metal. Colpisce il fatto che in alcuni pezzi, come “Wings Of Destiny”, intervenga pure Manuel Staropoli, fratello del ben più noto tastierista della band italiana, suonando il flauto e donando così alle composizioni una valenza in più, folkeggiante e fedele al lavoro in studio originalmente pensato da Luca Turilli e soci. Si sente la mancanza dei membri originali? Un pochino sì, ma tutto è compensato da una scaletta che passa tranquillamente da “When Demons Awake” a “Dawn Of Victory”, emozionando chi ha scoperto queste canzoni da adolescente. Una apoteosi di power metal made in Italy, un lampo nell’oscurità come la copertina dell’ultimo best-of: Giacomo Voli, Alex Staropoli e soci ci salutano, dopo una commovente “The Magic Of The Wizard’s Dream”, con l’immancabile “Emerald Sword”. Un concerto che molti di noi si porteranno nel cuore, perché evidentemente nessuno ha voluto farsi le domande con cui è iniziato questo report: la leggenda vive ancora, sotto un’altra forma magari, ma sempre con l’obiettivo di farci sognare come da ragazzini.
(Dario Onofrio)
EDGUY – 23.00/00.30
Provenienza: Fulda, Germania
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Come chiudere al meglio la prima giornata del Metalitalia.com Festival 2017, quella dedicata al power metal? Semplice, con una band che davvero inizia a diventare storica e che quest’anno compie la bellezza di venticinque anni. Ovviamente si parla degli Edguy, che da poco hanno rilasciato la raccolta “Monuments”, a celebrazione di questo importante anniversario. L’apertura è affidata alla recentissima “Love Tyger”, brano sbarazzino e catchy, cantato da tutto il Live Club. L’attenzione però si porta immediatamente al passato, a quel “Vain Glory Opera” che trasformò cinque ragazzini di Fulda in rockstar, ed è proprio la title track ad essere eseguita, per la gioia di chi ama saltare durante i concerti; Sammet si prende un momento per scherzare con il pubblico, ricordando il tempo quando gli Edguy erano una metal band e non un gruppo rock commerciale; e da questo periodo, ecco la potentissima “Mysteria”, che crea un grandissimo contrasto con la più intensa ed emotiva “Tears Of A Mandrake” a seguire, ed ancora con “The Piper Never Dies” allungata all’inverosimile nel finale. I fan cominciano al solito a cantare “Babylon”, ma non è ancora ora per il brano più caratteristico di “Theater Of Salvation”; è il turno infatti di “Lavatory Love Machine”, divertente e gioiosa, e di quella che viene definita come ‘la ballad rubata ai Savatage’, “Land Of The Miracle”, che viene cantata alla perfezione nelle sue tre linee vocali sovrapposte nella chiusura. Stasera la band è davvero in forma e suona alla grande, Jens Ludwig su tutti, che pare avere una marcia in più; Tobias Sammet, dal canto suo, è al solito cialtrone e piacione, ma quando è il momento di tirare fuori la voce, teme pochi rivali. Da un album definito sottovalutato, ecco uno dei brani più duri in setlist stasera, “Ministry Of Saints”, che fa scapocciare non poco la venue. Riparte il coro all’indirizzo di “Babylon”, che stavolta però viene eseguita davvero, con grande gioia da parte del pubblico, che la può gustare in una versione allungata di almeno un paio di ritornelli. La dolce “Save Me” e “Superheroes” portano alla pausa; l’encore è costituito da due soli brani: a sorpresa “Out Of Control”, assente da più di un decennio dalle scalette della band, ed ovviamente “King Of Fools”, che manda il pubblico a casa felice in attesa di ricominciare domani, quando anche noi vi rinnoviamo l’appuntamento. Da Trezzo è tutto. Per ora.
(William Crippa)
METALITALIA.COM FESTIVAL 2017 – giorno 2
10/09/2017 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)
Running order e programma meet&greet:
Apertura porte: 13.30
14.00/14.40 – SHORES OF NULL
14.40/15.00 – meet&greet DEATH SS
15.00/15.50 – NECROMASS
15.50/16.10 – meet&greet CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN
16.10/17.00 – MORTUARY DRAPE
17.00/17.20 – meet&greet MOONSPELL
17.20/18.20 – CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN
18.20/18.40 – meet&greet MORTUARY DRAPE e NECROMASS
18.40/20.10 – SAMAEL (30th anniversary show)
20.30/22.00 – MOONSPELL (25th anniversary show)
22.30/00.15 – DEATH SS (40th anniversary show)
Crediti di Redazione (organizzazione, stand, meet&greet, report in diretta, varie ed eventuali):
Alessandro Corno: produzione e organizzazione generale
Bianca Secchieri: report in diretta (Claudio Simonetti’s Goblin, Death SS)
Chiara Franchi: aggiornamento news live
David Scatigna: assistenza informatica e fotografie meet&greet
Enrico Dal Boni: fotografie meet&greet
Francesco Castaldo: fotografie report in diretta e pubblico, live video
Giacomo Slongo: report in diretta (Necromass)
Giovanni Mascherpa: report in diretta (Mortuary Drape, Moonspell)
Lorenzo Ottolenghi: assistenza alla produzione (driver)
Luca Corbetta: assistenza alla produzione, area meet&greet
Luca Pessina: assistenza alla produzione, sbraccialettamento
Marco Gallarati: gestione stand, coordinamento report in diretta, report in diretta (introduzione, Shores Of Null, Samael)
Maria Chiara Braida: aggiornamento news live e gestione concorsi
Simone Vavalà: assistenza alla produzione, sbraccialettamento
Valentina Mevoli: banchetto merchandise ufficiale
Introduzione
Seconda giornata del Metalitalia.com Festival 2017, si riparte sotto il diluvio universale dopo la pioggia, presente ma contenuta, di ieri pomeriggio/sera. Lasciate le sponde fantasy ed epiche lambite dalle sonorità delle band del sabato, oggi si punta decisamente sull’oscurità e sulla teatralità, con sette concerti di spessore e profondità diversi, tutti baciati però dalle peculiarità succitate: si festeggia il quarantennale dei Death SS di Steve Sylvester, che per l’occasione arrivano al Live di Trezzo con una scenografia più che completa e pronti a registrare su DVD la performance; allo stesso tempo, avremo modo di assistere allo show cinematografico dei Claudio Simonetti’s Goblin, del quale abbiamo avuto un piccolo assaggio poco fa, durante un accurato soundcheck: il giretto di “Profondo Rosso” ha già lasciato il suo segno sugli addetti ai lavori presenti dentro il locale, impegnati a filmare con il cellulare il mini evento ‘privato’. Dopo i due combo storici italiani, la presenza di Moonspell e Samael, band internazionali di elevata caratura che ultimamente stanno celebrando il loro passato più remoto, ma che a breve pubblicheranno materiale inedito. Per i portoghesi, oltretutto, si tratta di un ritorno, indimenticati protagonisti della prima edizione del nostro festival. A chiudere il bill di oggi, tre altre compagini italiane di tutto rispetto, rappresentanti il black metal più esoterico e sulfureo, Mortuary Drape e Necromass, e il gothic-doom melodico di scuola novantiana, i romani Shores Of Null.
Manca poco, ora, all’apertura cancelli, prevista per le 13.30: fuori, l’acquazzone imperversa senza sosta, ma le previsioni danno miglioramento lungo il corso della giornata, quindi non abbiate esitazioni, nè dubbi, e venite a trovarci!
Buona seconda giornata di metallo, come al solito.
(Marco Gallarati)
SHORES OF NULL – 14.00/14.40
Provenienza: Roma/Pescara, Italia
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Si parte con gli Shores Of Null e la situazione è chiara. La band propone un doom-gothic metal plumbeo e decadente, carico di suggestioni melodiche e mood autunnali: fuori il diluvio continua incessante e, se da una parte si può considerare un’ambientazione ideale per il gruppo, dall’altra lo stesso viene penalizzato oltremodo, in quanto l’affluenza quest’oggi è finora fortemente influenzata dalle avverse condizioni climatiche, proprio sopra Trezzo particolarmente problematiche. All’interno, però, giustamente non piove, per cui il quintetto romano-pescarese ha tutto il potenziale per farsi apprezzare appieno. Quaranta minuti a disposizione, due album da cui attingere, uno schermo sul quale vengono proiettati fondali a tema per ogni canzone, richiamanti artwork di album o video dai quali i brani vengono tratti. Quattro voci si stagliano sopra l’accurato rifframa degli Shores Of Null, condotto per mano dal mai sopra le righe drumming di Emiliano Cantiano: due voci pulite, una scream e una growl, oltre al growl profondissimo del frontman Davide Straccione, che ha solo scaldato la voce durante l’opener “Donau”, preceduta dall’intro “Tributary Waters”, entrambe tratte da “Black Drapes For Tomorrow”, recente fatica discografica del combo nostrano. Setlist equamente divisa tra l’appena accennato secondo disco e l’ottimo debutto “Quiescence”, dal quale fa subito capolino l’incredibile “Ruins Alive”, bissata poco dopo da “Kings Of Null”, l’acclamata “Quiescent” e dalla conclusiva “Souls Of The Abyss”. Altro highlight notevole dell’esibizione dei gothic metaller è stata l’esecuzione di “Tide Against Us”, avvincente episodio melodico che mischia death-doom metal ad un gothic vecchio stampo, baciato dalla prestazione vocale pulita di Davide, sorta di ICS Vortex italiano. Occasione dunque sfruttata benissimo dai Nostri, seppur davanti ad un pubblico inferiore a quello di cui hanno potuto godere gli opener di ieri, i Trick Or Treat. Siamo convinti che qualche fan in più gli Shores Of Null lo abbiano conquistato.
(Marco Gallarati)
NECROMASS – 15.00/15.50
Provenienza: Firenze, Italia
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I toni si incupiscono notevolmente con l’arrivo sul palco dei Necromass, storica realtà fiorentina che dall’uscita del suo comeback nel 2013, l’apprezzato “Calix. Utero. Babalon.”, ha comunque preferito mantenere un basso profilo, centellinando le apparizioni live e puntando molto sull’esclusività delle proprie performance. Anche e soprattutto per questo motivo, non ci aspettavamo tanta disinvoltura da parte di Ain Soph Aour e compagni, i quali si dimostrano fin dalle prime battute compatti e disinvolti, lucidissimi nel dare corpo alla peculiare miscela di black metal che da sempre ne contraddistingue la proposta. Si sentono odi di Marduk e Dissection nell’intelaiatura dei brani, certo, ma il tutto viene puntualmente calato in un’ottica occulta e viziosa che rimanda alla tradizione ellenica di primi anni ’90, per un risultato finale ben più ritmato rispetto alla media del genere. I suoni impiegano un po’ a definirsi e fendere l’aria come dovrebbero, con l’afflato melodico delle chitarre leggermente coperto dallo screaming e dalla batteria, ma ciò non rappresenta un grosso ostacolo per il quartetto, che trascinato dall’ottima presenza scenica del suddetto cantante/bassista finisce per sciorinare una dopo l’altra tutte le sue ‘hit’, dalle recenti “Fair Of Blasphemy” e “Scarlet Void Of Lust” all’intramontabile “Mysteria Mystica Zothyriana 666”, dall’omonimo capolavoro del 1994. Detto che lo show si è concluso dieci minuti in anticipo (quaranta minuti anzichè cinquanta), non resta che tributare un sincero applauso ai Necromass, autentico baluardo dell’underground tricolore che ancora oggi dimostra di poter dire la sua all’interno della scena.
(Giacomo Slongo)
MORTUARY DRAPE – 16.10/17.00
Provenienza: Alessandria, Italia
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Si sparge incenso nell’aria. Cinque figuri incappucciati salgono sul palco dando le spalle al pubblico. Scocca l’ora dei Mortuary Drape, gruppo spesso ben più rinomato all’estero, dove campeggiano ai piani alti nei migliori festival underground, che non in Italia. La compagine di origine piemontese gode oggi di uno slot importante, sfruttato benissimo fin dall’apertura affidata a “Necromaniac”. Il black-thrash venato di vecchio metallo inglese, quello più dark e malevolo, si abbatte su di un Live che va riempiendosi e comincia a reagire con un certo impeto. Corna al cielo, incitamenti, accolgono un’esibizione che si fra presto molto fisica. Wildness Perversion accompagna con mosse scenografiche i rabbrividenti testi basati su negromanzia e invocazioni di presenze oscure in resurrezione dai cimiteri, chi gli è vicino non è da meno, aggredendo l’audience con mosse che paiono sfidare allo scontro chi hanno davanti. Troneggia il metallico suono del basso a sei corde, che dà un’angolatura tutta sua a una musica old-school nell’animo, proiettata in un’interpretazione verace e dinamica dei migliori stilemi del metal classico più criptico. Gli anthem non mancano, “Mortuary Drape” chiama prepotentemente al sabba, l’irruenza luciferina rotta soltanto dal profluvio di assoli, selvagge fughe in tapping che scomodano importanti paragoni coi migliori Judas Priest e Iron Maiden. Non si risparmiano un attimo i musicisti, la foga suprema non scade comunque nel caos, perché questa line-up, collaudata da anni di concerti in giro per il mondo, assomma feeling, precisione e spietata cattiveria. E macina, stritola note in uno stile sporco e antico, mentre il monumentale frontman impartisce lezioni di lussuria mortuaria con il suo vocione roco. Quando parte l’intro sibillino di “Tregenda (Dance In Shroud)”, d’istinto ci guardiamo le spalle per scrutare che nessuno ci stia per pugnalare, visti i tetri pensieri che le note vanno a richiamare, assieme al sussurro “All The Witches Dance”. Dopo questa parentesi leggermente più gotica, il concerto riprende a rotta di collo, senza che vi sia il minimo calo. Anzi, si scatena pure un primo accenno di mosh sotto il palco. Wildness Perversion ripiega il drappo davanti al leggio posto a centro stage, ringrazia e saluta la folla plaudente. Gran spettacolo.
(Giovanni Mascherpa)
CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN – 17.20/18.20
Provenienza: Roma, Italia
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Siamo giunti ormai a metà pomeriggio ed è in un Live Club sempre più gremito che i Claudio Simonetti’s Goblin salgono sulla scena. Sebbene non ci sia bisogno di presentazioni, ricordiamo che si tratta della più recente incarnazione del progetto progressive rock iniziato proprio da Simonetti nei primi anni ’70. Storica istituzione in materia di colonne sonore, i Goblin hanno regalato tantissimo a veri e propri horror cult, italiani e stranieri, ed è straordinario constatare come l’apprezzamento del pubblico – che pure è tra i più trasversali – sia davvero caloroso. Inutile dire che l’influenza del lavoro di Simonetti e soci in ambito metal è profonda e perdura tutt’ora: non a caso aprono proprio con “Mater Lacrimarum”, brano realizzato in collaborazione con Dani Filth (Cradle Of Filth) per “La Terza Madre” del maestro Argento. È un set intenso, quasi interamente dai ritmi sostenuti: segnaliamo il doppio omaggio al compianto George Romero, con “La Notte Dei Morti Viventi” e “Zombi” tra i vari estratti della scaletta. Com’è ormai prassi, l’esibizione dei Nostri è accompagnata da spezzoni dei film dalle cui colonne sonore sono tratti i brani proposti, con un risultato suggestivo e molto godibile. I momenti migliori sono i grandi classici tratti dalle omonime pellicole di Argento, “Suspiria” e “Phenomena”, mentre “Io Non Ho Sonno” è una piacevole ed inaspettata sorpresa. La band appare in ottima forma, capace di fondere progressive, horror e metal in maniera quasi sempre coinvolgente, complice anche la buona resa sonora (unica pecca una mezza falsa partenza di “Suspiria”, quasi certamente dovuta ad un problema tecnico, rapidamente risolto). Il pubblico è sembrato gradire molto, dimostrandosi finalmente numeroso e partecipe, in particolare durante il brano di chiusura, il tema principale di un altro masterpiece, “Profondo Rosso”. Promossi a pieni voti.
(Bianca Secchieri)
SAMAEL – 18.40/20.10
Provenienza: Sion, Svizzera
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Prestazione solenne e monumentale dei Samael, che hanno polverizzato letteralmente via qualsiasi sonorità che li abbia preceduti in questa edizione del nostro festival! Chi scrive aveva già visionato una manciata di volte dal vivo la band svizzera, trovandone sempre dettagli, soprattutto nel settaggio dei suoni, imperfetti e deludenti. Ebbene, oggi Vorph, Xy, Makro e Drop hanno fornito una performance di proporzioni ampissime, baciata anche da un wall-of-sound terrificante, assordante ma ben equilibrato, senza che le anthemiche tastiere e percussioni di Xytras rendessero superfluo e sommerso il lavoro preciso di suo fratello alla voce e dei suoi altri due compari davanti a lui. Un impianto luci bombastico e psichedelico ha ‘drogato’ di pulsioni cibernetiche il pubblico, in breve annichilito dalla massiccia supernova planata sul Live di Trezzo. Partenza a mille con “Shining Kingdom” e “Rain”, quanto mai adatta questa sera, e subito giù il cappello. Poi, in un crescendo instancabile di esecuzioni tanto drammatiche quanto esaltanti, i novanta minuti (poco meno, in realtà) sono passati in un batter d’occhio, caracollando attraverso tutta la discografia della band, dalla storica “Baphomet’s Throne” alla più recente “Of War”, passando dalla doppietta clamorosamente orecchiabile “Solar Soul” / “Reign Of Light” fino all’inquietante incedere techno di “The Ones Who Came Before”, il tutto gestito in maniera sapiente da un Vorph non particolarmente ciarliero ma apprezzatissimo nel suo dialogare in un italiano spagnoleggiante assolutamente comprensibile. Buono anche l’apporto di Makro, al solito pittato in viso di bianco e nero, e del mobilissimo bassista Drop, che hanno intrattenuto gli astanti per qualche minuto con un breve spezzone strumentale improvvisato. Ma ciò che ha fatto particolarmente piacere, durante lo show dei Samael, è stata la abbondante anticipazione fornitaci del loro imminente prossimo full-length, “Hegemony”, in uscita il 13 ottobre su Napalm Records: sono stati eseguiti ben tre episodi, tutti e tre presentati di recente a mo’ di antipasto; “Red Planet”, “Angel Of Wrath” e “Black Supremacy” hanno mostrato discrete qualità, con l’ultima citata assolutamente iconica e violenta nel suo incedere, a testimonianza del sempre vivo fervore del gruppo dopo gli anni più ‘leggeri’ vissuti nel periodo 1999-2007. “The Truth Is Marching On” e “My Saviour” hanno posto fine ad un concerto soddisfacente e pressoché perfetto. Dura per gli amici Moonspell, ora, fare di meglio!
(Marco Gallarati)
MOONSPELL – 20.30/22.00
Provenienza: Lisbona, Portogallo
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E rimaniamo così, con l’aria trasognata di chi ha appena assistito a uno spettacolo ammaliante nel suo essere poliedrico, vario, esplorativo di una buona parte dell’universo Moonspell. Trascorsa la (lunga) parentesi celebrativa dei primi due album, che tanti consensi ha raccolto in tutta Europa, è tempo di rimescolare le carte e fare una panoramica della propria carriera. Alle porte c’è l’incombente concept album “1755” – nessuna anticipazione stasera, sorry – e nell’attesa i lusitani ci riaccolgono nelle mille stanze arredate di incubi, sogni, desideri e rimpianti del loro imponente maniero. Ogni canzone è presentata da un’immagine che la richiama sullo sfondo: il viaggio nel tempo comincia dal passato recente, da quell'”Extinct” che li ha disegnati in forma snella e quasi leggera. “Breathe” ed “Extinct” si fanno acclamare e benvolere, finalmente l’assembramento di persone provoca un minimo di calca e la platea si profonde in un grande calore verso Ribeiro e compagni. Il fuoco divampa in piena intensità appena arriva “Opium”, piacevole trauma adolescenziale per una buona metà dei presenti, un super-classico cantato all’unisono dall’intero Live Club. Si intorbida il clima per la death metal-oriented “Night Eternal”, Fernando può sfoggiare il suo growl nel pieno della potenza. “Irreligious” fa la parte del leone (ne vengono suonati cinque estratti), arriva a stretto giro anche “Awake”, ci facciamo scottare dal calore accecante di un disco immortale, un gothic-doom così pieno di sentimento che neanche gli stessi Moonspell hanno più eguagliato nella stessa forma. Ma i cinque di Lisbona sono molto altro ancora, la concentrazione è massima in ogni frangente, da quelli più romantici ai momenti dove la violenza licantropa ci attanaglia. Le sinfonie leggere, danzanti in un reame impalpabile, di Pedro Paixão descrivono sensazioni eleganti e senza tempo, mentre la chitarra di Ricardo Amorim si ritaglia il ruolo di protagonista sui brani più estremi e trascinanti. Fernando è un maestro di cerimonie impareggiabile, sfrutta appieno la sua prepotente fisicità per catturarci, dare conforto, aggredire in una furia cieca che paventa sempre un che di amorevole. “Scorpion Flower” ha fragranze travolgenti, evoca tristezze pur regalando attimi di piena dolcezza; “En Nome De Medo” è un ruggente inno alla portoghesità, esaltante gli ardori luciferini del frontman; “Vampiria” gronda sangue in volteggi poetici che mischiano atrocità e bellezza. Manca all’appello la fase centrale di carriera, da “Sin/Pecado” a “Memorial” (con l’eccezione di “Everything Invaded” da “The Antidote”), non ci sono nemmeno ripescaggi di pezzi dimenticati da tempo. A fronte di un’esibizione di tale portata, sarebbe delittuoso lamentarsi. Il trittico composto da “Mephisto”, “Alma Mater” (dal vivo di un’altra categoria rispetto a qualsiasi altra cosa i Moonspell abbiano mai scritto) e “Full Moon Madness” ci inchioda alla nostra beatitudine, consapevoli che senza aver offerto niente di nuovo o di diverso i gothic metaller portoghesi hanno dispensato un altro splendido saggio della loro arte.
(Giovanni Mascherpa)
DEATH SS – 22.30/00.15
Provenienza: Pesaro/Firenze, Italia
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È giunta finalmente l’ora del Re Della Notte e dei Suoi, per quello che potrebbe essere l’ultimo concerto, almeno per un po’ di tempo (a questo proposito vi rimandiamo all’intervista che Steve ha rilasciato lo scorso luglio al nostro Andrea Raffaldini). L’occasione è ghiottissima, con una setlist speciale quanto il traguardo che la creatura di Steve Sylvester ha tagliato in questo 2017. Non è retorico affermare che quello di questa sera sia stato un vero incontro con la Storia del metal italiano in primis, ma anche del metal in generale. L’intro è come da sempre affidato ad “Ave Satani”, tema centrale di “The Omen”, ma è con “Let The Sabbath Begin” che si entra nel vivo dello show. Steve e i suoi Demoni alternano vecchi classici e nuovi brani: quarant’anni a cavallo tra due secoli, precursori assoluti nel nostro Paese del cosiddetto ‘dark sound’, che fondeva heavy metal, suggestioni horror, esoterismo e teatralità. La band appare in piena forma sia sui pezzi più industrial (“The Crimson Shrine”, “Dionysus”) che sulle vecchie glorie (“Vampire”, Horrible Eyes”). Impossibile scrivere di un live dei Death SS senza parlare dell’aspetto scenico, che come sempre prevede crocifissi, candele e l’ausilio di performer discinte, che recitano via via il ruolo della suora o del diavolo tentatore. Steve Sylvester si dimostra ancora una volta istrionico e ammaliatore, oltre che autore di una performance vocale di tutto rispetto. Fa una certa impressione passare dalla pluri-coverizzata “Chains Of Death” (che i Nostri non eseguivano da molti anni) ai ritmi danzerecci di “Hi-tech Jesus”, ma il pubblico partecipa in maniera entusiasta. Il tempo scorre velocemente: segnaliamo i due estratti da “Do What Thou Wilt”, disco della svolta ‘modernista’ che ha compiuto vent’anni proprio in questo 2017. “Scarlet Woman” e la sciamanica “Baron Samedi” sono tra i momenti migliori della prima parte del set. È infatti con i bis che si raggiunge il vero apice emozionale della serata: i minuti finali sono infatti interamente dedicati a brani tratti dai primi tre storici dischi: “Baphomet”, “Inquisitor”, “Where Have You Gone” infervorano gli animi, fino alla chiusura con “Heavy Demons” e il lancio dei coriandoli. A parer nostro non si poteva davvero chiedere di meglio.
(Bianca Secchieri)
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