Edizione 2023

Introduzione di Sara Sostini
Report di Alessandro Elli, Andrea Intacchi, Dario Onofrio, Emanuele Giarlini e Giacomo Slongo
Fotografie di Benedetta Gaiani, Enrico Dal Boni, Moira Cairola, Nicolette Radoi e Simona Luchini

Arrivare ad organizzare la decima edizione di un festival è sempre un traguardo un po’ particolare, questa cifra tonda ha un suo peso specifico importante in termini di sforzi, esperienze, fatica e risposta del pubblico.
Se a questo aggiungiamo la prima edizione del Metalitalia.com Ink, l’evento al piano superiore del Live all’insegna di tatuaggi, piercing e arte oscura, e un sold-out registrato mesi fa per abbonamenti e la seconda giornata segnata, come vedremo poi, dalla reunion dei bergamaschi Folkstone, si capisce come lo stato d’animo con cui ci siamo approcciati all’edizione 2023 del nostro festival sia un calderone ribollente di emozioni, soddisfazioni, aspettative cui tener fede, senso di responsabilità e – perchè no? –  febbrile attesa.
Partiamo dalle certezze: quelle di un locale – il Live Club – che è sempre stata la casa del Metalitalia.com Festival, e che conduce con uno staff rodatissimo (sopra e sotto il palco, nelle cucine, dietro al bancone, in cassa, nella comunicazione e nei mille altri aspetti di gestione) le danze della messa in opera logistica e pratica, pronto ad accogliere il pubblico variegato dei due giorni, coadiuvato dal lavoro instancabile di Vertigo e Cerberus Booking.
Continuiamo poi con la formula dei due giorni all’insegna di generi diversi ogni anno, in modo da rispecchiare l’amplissimo spettro musicale trattato sulle nostre pagine: quest’anno abbiamo scelto una palette di zolfo, nero pece e riff classici per il primo giorno con Venom, Unleashed e Paul Di’Anno tra gli altri, mentre per il secondo giorno abbiamo optato per toni silvani e boschivi a metà strada tra leggende rurali e saghe fantasy, lasciando che a festeggiare la reunion dei padrini del folk italiano arrivassero i tedeschi Feuerschwanz e una schiera di formazioni italiane (dai Furor Gallico ai Wind Rose).
Abbiamo sempre voluto restituire al pubblico una situazione a misura d’uomo (per prezzi, gestione degli spazi), cercando di replicare quell’atmosfera da festival’ che ci è capitato di respirare in tanti anni di live report nei suoi aspetti migliori (come ad esempio la possibilità di uscire e rientrare liberamente, il merch, gli stand, i meet & greet, di cui trovate tutte le foto sulla nostra pagina facebook).
Ed infine, ultima ma forse più importante: quella di avere un pubblico di lettori e spettatori affezionato e sempre partecipe, cementificando le giornate di concerti di chiacchiere, risate, incontri, scambi di pareri e urla sotto al palco. I vostri sorrisi – che ci accompagnano da quando vi mettiamo il braccialetto fino all’ultimo applauso dell’encore – ci danno le energie giuste per continuare a costruire, anno dopo anno, un festival sempre migliore. Quest’anno un pochino di più, e vi ringraziamo ancora per questo.
Con un portale che proprio in questi giorni ha spento le ventitré candeline di vita e queste premesse, andiamo a raccontarvi come sono andati questi due giorni, dipinti da tonalità indelebili neroverdi.

 

SABATO 16 SETTEMBRE
Spetta ai MISCREANCE dare ufficialmente il via alla decima edizione del Metalitalia.com Festival con il loro techno-death/thrash ispirato a vari pilastri dei tardi anni Ottanta e primi Novanta.
Una performance, quella odierna, che suggella dodici mesi particolarmente intensi e ricchi di soddisfazioni per il quartetto nostrano, tra la pubblicazione dell’esordio “Convergence” (avvenuta, caso vuole, il 16 settembre 2022), un tour europeo di spalla ai cileni Suppression e la firma di un contratto con una label ‘di peso’ come la Season of Mist, e che si può dire abbia confermato tutto l’entusiasmo suscitato finora da questi ragazzi prodigio nell’underground, con il solo appunto di una resa sonora non eccellente.
Causa traffico lungo il percorso per raggiungere la venue, pare che il soundcheck non sia stato ultimato a dovere, e questo inevitabilmente si riflette un po’ sulla nitidezza dei colpi di batteria e degli intrecci di chitarra, ma si tratta dell’unica sbavatura in uno show altrimenti sentito e compatto, che restituisce appieno l’immagine di una formazione tanto spigliata nell’interpretazione live quanto preparatissima tecnicamente.
Muovendosi fra Atheist, Death, Pestilence e Sadus, brani come “Incubo” e “The Garden” esaltano chi già li conosceva e irretiscono gli spettatori non ancora entrati in contatto con il moniker, vuoi per l’ingegnosità dei riff e delle linee di basso, vuoi per la presenza scenica del cantante/batterista Andrea Feltrin, sorta di novello Mike Browning che, dietro le pelli, offre un vero spettacolo nello spettacolo. Avanti così! (Giacomo Slongo)
Cambio di palco e di sonorità ed ecco materializzarsi i WHISKEY RITUAL, con il consueto campionario di pentacoli, croci rovesciate e caproni in bella mostra: Dorian Bones e compagnia non hanno mai fatto sconti e anche oggi pomeriggio il loro obiettivo è quello di mettere a soqquadro il locale con un black’n’roll grezzo e genuino.
I suoni, almeno ad inizio concerto, non sono proprio il massimo, ma sono perfettamente in linea con i parmensi, che non si sono mai presi troppo sul serio e ci tengono a dichiararlo: “Dato che nel black metal ormai sono tutte delle puttane, allora noi vogliamo essere quelle pagate di più” (discorso introduttivo a “Trve Escort”).
Sfondo, band e strumenti si fanno notare per la totale assenza di colori, in quanto tutto è in bianco e nero, ma l’energia scorre a fiumi come il Jack Daniel’s, con i musicisti tanto scatenati da scontrarsi durante le loro scorribande sul palco. Tra esortazioni a bagordi con il diavolo (“Blow With The Devil”), cori da stadio tramutati in inni black metal (“Black Metal Ultras”), ritornelli cantati a squarciagola dal pubblico (“Eye For An Eye”), gli emiliani ci regalano quaranta minuti di adrenalina e divertimento, e tanto basta per scatenare il pogo dei già numerosi presenti. (Alessandro Elli)
Una delle esibizioni più convincenti della prima giornata è stata sicuramente quella dei WITCHMASTER: un treno senza freni che nel giro di un nanosecondo ha messo a tacere tutto e tutti.
Complice, questa volta, un impatto sonoro più che buono, il combo polacco non ha dato alcuna possibilità di ripensamenti o riflessioni. Guidati da un Bastis tra il posseduto e lo stralunato, i Witchmaster hanno semplicemente fatto ciò che gli riesce meglio: garantire una macinato infernale di black/thrash, alternando continuamente folli corse in blast-beat a midtempo sì malvagie ma altrettanto catchy, così da creare quelle fratture a loro modo melodiche all’interno di un muro oltranzista coperto di pece.
E di questo se ne accorge anche il pubblico, inizialmente quasi intimorito da cotanta violenza (era pur sempre l’ora della merenda) ma che pian piano ha preso a masticare il giusto ritmo, sfogandosi in ripetuti e leggiadri circle pit.
Da parte loro Bastis e compagni hanno riversato una dozzina di pezzi sugli astanti, spaziando lungo tutta la loro carriera discografica, passando dalle tormentate “Infernal Storm”, “Satanic Metal Attack” e “Kingdom of Decay” dell’omonimo “Witchmaster” alle più recenti “Alle Gegen Alle” e “Circle of Bayonets” tratte dall’ultimo “Kaźń”.
Insomma, cinquanta minuti estremi all’insegna dell’underground più velenoso e grezzo. (Andrea Intacchi)

Artista: Witchmaster | Fotografa: Nicolette Radoi | Data: 16 settembre 2023 | Venue: Live Music Club | Città: Trezzo sull’ Adda (MI)

Dopo la data al Legend Club di Milano dello scorso anno per il tour celebrativo di “Retribution”, riecco i MALEVOLENT CREATION in terra lombarda, questa volta in formazione a quattro elementi e con il chitarrista/membro fondatore Phil Fasciana (a suo tempo assente per via dei traumi riportati in un brutto incidente stradale) nuovamente a capo della squadra.
Scongiurato l’effetto ‘cover band ufficiale’ e registrato anche l’ingresso del cantante/chitarrista Deron Miller, è quindi con piacere che possiamo raccontarvi di una gran prova sul palco da parte della band americana, evidentemente capace (almeno dal vivo) di dire ancora la sua e di rimandare l’appuntamento con la pensione. Consapevoli di essere ormai ai minimi storici della propria carriera in termini di rilevanza e popolarità, i death metaller scelgono per fortuna di seguire il piano più logico e intelligente, ovverosia mettere insieme una scaletta di classici con cui vincere a mani basse la partita e connettersi facilmente al pubblico, senza la pretesa (folle) che qualcuno sia qui per sentire un pezzo da “Invidious Dominion” piuttosto che uno da “The Ten Commandments”.
Si procede quindi in ordine cronologico, con brani pescati esclusivamente dai lavori del periodo 1990-1995 e con una predilezione verso quelli di “Retribution” ed “Eternal” (quattro a testa), per un’ora di show intensa e velenosa come vorremmo sempre sentire quando si parla di leggende della scena death metal di Tampa. Detto che Miller appare già confidente e ben inserito, che la sezione ritmica composta da Josh Gibbs e Ron Parmer svolge come al solito un ottimo lavoro e che Fasciana resta una presenza inconfondibile e necessaria, non possiamo che godere di fronte all’ottima resa delle varie “Multiple Stab Wounds”, “Slaughter of Innocence” e “Blood Brothers”, sperando che altre tournée simili vengano messe in piedi in futuro. “No one can destroy this malevolent creation”, almeno per ora. (Giacomo Slongo)
Si resta nell’immaginario plasmato dalla Roadracer Records nei primi anni Novanta con l’arrivo dei PESTILENCE, alle prese come risaputo con una scaletta old-school per i quali si potrebbe rifare il discorso degli statunitensi.
Patrick Mameli è un tamarro dal buon gusto quantomeno opinabile (come chi lo segue sui social saprà bene), ma quando si tratta di suonare e di mettere insieme una formazione di strumentisti di livello (a questo giro segnaliamo il battesimo live del nuovo bassista Roel Käller) c’è poco da ridere o sfottere, dal momento che il cantante/chitarrista si conferma sempre a capo di una truppa autorevole e solida nell’interpretare sia il death/thrash barbaro di un “Consuming Impulse” che le parabole techno-death raffinatissime di “Testimony of the Ancients” e “Spheres”.
Certo, come da tradizione, gli olandesi si approcciano allo show in maniera più ‘fredda’ rispetto ai colleghi americani, limitando allo stretto indispensabile le interazioni con la platea e le movenze sul palco, ma in questo caso – come si suol dire – ci pensa la musica a parlare e a metterci il fisico.
Si parte con la doppietta “Antropomorphia”/“Dehydrated”, perfetta per rompere gli indugi, e si prosegue senza quasi mai fermarsi per un’ora di show, in una carrellata di classici estrapolati soprattutto dal succitato capolavoro del ’91, con “The Secrecies of Horror”, “Twisted Truth” e “Lost Souls” a fare un’impressione esemplare in termini di impatto ed eleganza.
Non chiedevamo altro che questo ai Pestilence: una masterclass per ricordarci della loro importanza nella nascita e nello sviluppo di certo metal estremo, e si può dire che i Nostri ci abbiano accontentato non lasciando nulla di intentato o al caso. (Giacomo Slongo)
Ora, non ce ne vogliano Venom, Pestilence ed Unleashed, ma il sabato del Metalitalia.com Festival verrà ricordato come il PAUL DI’ANNO day: subito dopo l’annuncio della sua presenza all’interno del bill, infatti, erano iniziate a circolare preoccupanti voci circa la fattibilità ed il risultato della sua futura esibizione, incertezze alimentate da alcuni recenti video in cui Paul manifestava più di una difficoltà on stage ed ulteriormente incrementatesi durante il meet and greet del pomeriggio, quando la prima voce della Vergine di Ferro ha abbandonato la scena, visibilmente provato (fisicamente e psicologicamente) lasciando un po’ spiazzati, e comprensibilmente delusi, i numerosi fan in attesa di una stretta di mano, di un autografo e di una foto insieme.
Come si sarebbe comportato sul palco? Avrebbe retto la fatica? O avrebbe gettato la spugna dopo qualche pezzo? Con sorpresa, ammirazione – e anche un pizzico di commozione (la stessa provata dallo stesso Paul poco prima di “Remember Tomorrow”) – ci siamo trovati di fronte un uomo sicuramente stanco, palesemente emozionato ma anche supportato da una grinta infinita che gli ha così permesso di portare a termine uno show dignitoso e di tutto rispetto.
Accolto, per uno scherzo del destino, da una “Children Of The Damned” sparata a tutto volume nel locale poco prima dell’intro ufficiale, Di’Anno si è presentato sul palco accompagnato dal suo assistente personale; ad attenderlo un tavolino con asciugamano, acqua, tequila (!), e una band ordinata, compatta e professionale nell’accompagnarlo durante la celebrazione di quei brani che hanno reso immortali i primi due album degli Iron Maiden.
Ed ecco quindi “Sanctuary”, “Wratchild”, “Prowler”, cantate a memoria dai presenti, tra i quali spiccava più di una testa brizzolata, vogliosa di rivivere (per circa un’oretta) la passione di quegli anni in cui “Iron Maiden” e “Killers” presero vita.
Pause per prender fiato, per bersi un bicchiere, per fumare una sigaretta e gettarla ancora accese in zona spie (per fortuna prontamente spenta dalla security); le lacrime versate per i continui applausi di rispetto e sostegno nei suoi confronti; la dedica a Clive Burr proprio in occasione di “Remberer Tomorrow”; l’invito a non fumare, a non drogarsi con l’aggiunta “I’m Pinocchio“, prima di riprendere di nuovo con “Purgatory”, “Killers”, “Phantom Of The Opera” (con tanto di minirissa nelle prime file, ancora una volta sedata dal servizio di sicurezza), “Transylvania”, “Running Free” e ovviamente “Iron Maiden”: questo è stato Paul Di’Anno, con i suoi eccessi, le sue contraddizioni e la sua compassionevole ostentazione nel tentare ogni volta di ripartire tanto che, al termine del concerto, ha voluto nuovamente presentarsi all’area meet&greet per riprendere (e purtroppo interrompere dopo poco anche in questo caso) quell’incontro ravvicinato coi fan iniziato in precedenza. (Andrea Intacchi)

Artista: Paul Di’Anno | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 16 settembre 2023 | Evento: Metalitalia.com Festival Venue: Live Clun | Città: Trezzo sull’Adda (MI)

 

Salutata la parentesi classic metal di Paul Di’Anno, si torna su lidi estremi con gli UNLEASHED, assenti da diversi anni in Italia (occorre riavvolgere il nastro fino all’esibizione al Rock the Castle 2018) e da ancora più tempo dal capoluogo lombardo, fatto che spiega perfettamente l’eccitazione venutasi a creare in sala nei minuti antecedenti l’inizio del concerto.
Del resto, parliamo di un pezzo di Storia del death metal scandinavo e mondiale, la cui proposta – oltretutto – ha sempre fatto della dimensione live la propria casa, e la voglia di (ri)sperimentarne le qualità, sia da parte dei fan di vecchia data che di coloro mai venuti direttamente a contatto con il quartetto, è giustificatissima. Volendo bypassare ogni fronzolo e andando dritti al sodo, proprio come i brani del loro sterminato repertorio, Johnny Hedlund e compagni hanno spaccato, in una prova di forza che è sembrata immune dall’avanzare dell’età e dall’indebolimento del fisico.
Galvanizzati da suoni nitidi e potentissimi – che a posteriori ci sentiamo di definire i migliori della giornata – gli svedesi si sono lanciati in una lunga dissertazione sonora a base di death metal lineare e roccioso, studiato apposta per imprimersi nella memoria e chiamare a gran voce la reazione fisica del pubblico, il quale (ovviamente!) non si è fatto pregare due volte per innescare il pogo o dare il via a sessioni di headbanging collettivo. Sopra e sotto al palco, insomma, ci si diverte, con anche Hedlund particolarmente vispo e gigione (anche se ci saremmo risparmiati il solito siparietto col corno vichingo), mentre l’impianto del locale diffonde una setlist che si sposta senza soluzione di continuità lungo l’asse del tempo e dei lavori pubblicati dagli anni Novanta ad oggi.
I cavalli di battaglia ci sono tutti, da “To Asgaard We Fly” a “Midvinterblot”, da “Into the Glory Ride” a “The Longships Are Coming”, ma i momenti di massimo godimento – per quanto ci riguarda – sono coincisi con l’esecuzione di “The Immortals” e “The Dark One”, con quest’ultima a rappresentare una vera e propria chicca per i patiti della band e del movimento swedish death metal, non essendo affatto una canzone suonata spesso dal vivo. Un’ora e un quarto di show che potrebbe essere riassunto in tre parole, le stesse di un loro sobrio titolo: death metal victory! (Giacomo Slongo)
Se i padiglioni auricolari dei presenti hanno retto sino alle 23, la trapanata letale è arrivata proprio nelle battute finali, quando sul palco sono saliti i VENOM.
Già nei giorni precedenti al festival, e anche nel corso della mattinata, durante il soundcheck, un occhialuto Cronos aveva promesso un “killer show”, e così è stato, scacciando di fatto quei mugugni sollevati in seguito alla prestazione obiettivamente non memorabile avvenuta lo scorso anno in quel del Rock The Castle.
Sabato sera i Venom sono andati in scena con la sola ed unica intenzione di fare piazza pulita: poche, pochissime parole, il minimo indispensabile a scandire i diciotto pezzi previsti dalla scaletta; ma del resto dal gruppo d’inglese non ci si attendono sermoni o proclami, il pubblico vuole solo sublimare una giornata all’insegna (in buona parte) del metal estremo.
E quindi, con tanto di chiodo rosso d’ordinanza, è stato lo stesso Cronos a prendere immediatamente in mano la situazione, caricato a molla, seguito dai fidi compagni, lo smilzo Rage alla chitarra ed il biondo crinito Daniel ‘Danté’ Needham alla batteria.
Pronti via, un semplice logo a sovrastare l’enorme drum kit dello stesso Danté, con tanto di due piatti ‘volanti’, e sono subito le note eterne di “Black Metal” ad aprire il portone dell’inferno caotico disegnato dal terzetto britannico.
I volumi parecchio alti non hanno inizialmente premiato l’impatto dei tre musicisti, con la sei corde di Rage leggermente penalizzata in sede di volume, ma la situazione è per fortuna migliorata con il prosieguo del concerto. Nel frattempo, quasi snocciolando i grani di un rosario diabolico, la mitragliata di brani sparata a raffica da Cronos & co., pur prediligendo la prima parte di carriera, ha raggiunto anche i lavori più recenti, con “Bring Out Your Head”, “Dark Night Of The Soul” e “Suffering Dictates” ad omaggiare l’ultimo lavoro rilasciato cinque anni fa targato “Storm The Gates”.
Temperature sudorifere quelle respirate sul palco, altrettanto calde a centro pit dove il mosh è ormai innescato col pilota automatico; se a questo aggiungiamo alcune mine vaganti come “Welcome To Hell”, “Bloodlust”, “Rip Ride” o la marciossima “Warhead”, capite bene come la situazione diventi ancora più morbosa ed infiammata.
Aizzando la folla con le sue tipiche espressioni da orco malefico, Cronos non ha voluto dare adito ad alcuna forma di pausa se non in sede di encore (ma anche qui si è trattato di un’uscita di scena davvero minimale), e una volta rientrato, ha innescato il primo dei due pezzi più memorabili della sua storica creatura, quella “In League With Satan” con il suo carattere tribale e alchemico. Ma è stata ovviamente la definitiva “Witching Our” a dare il colpo di grazia, spingendo al limite le ultime energie dei protagonisti dei poghi più selvaggi, chiudendo così una prima giornata sicuramente ottima tanto dal punto di vista dell’affluenza quanto da quello delle esibizioni delle varie band. (Andrea Intacchi).

 


DOMENICA 17 SETTEMBRE
Ad aprire le danze di questa seconda giornata di Metalitalia Festival 2023 ci sono i DRACONICON con il loro potente power metal sinfonico, antipasto ideale per una giornata a base di sonorità epiche e folkeggianti.
Il Live Club inizia già a registrare un buon numero di presenze quando Arkanfel inizia a narrare le storie contenute in “Dark Side Of Magic”, esordio risalente al 2020: basate su una alternanza tra voci pulite e scream, un po’ come nelle canzoni più oscure degli ultimi Rhapsody Of Fire, i nostri mettono comunque in piedi un bello show supportato da costumi di scena, danze del ventre e una anticipazione dal nuovo disco “Pestilence”, in uscita a novembre, con “Heresy”, pezzo velocissimo che scalda gli animi degli astanti.
La chiusura viene affidata alla title-track del primo album, con un pubblico bendisposto verso l’esibizione di questo nuovo astro nascente del power italiano. (Dario Onofrio)
Ma c’è poco tempo per rilassarsi perché dopo appena un quarto d’ora salgono sul palco del live in forze i veneti KANSEIL, pronti a portare uno show folk metal di livello aperto dall’immancabile “Ciada Delàmis”, prima traccia del bel “Doin Earde” risalente ormai a quasi dieci anni fa.
Andrea Facchin e soci sono in formissima e anche il pubblico risponde benissimo alla musica proposta, trattandosi di una specie di raduno di frequentatori del mitico Fosch Fest dove i nostri sono stati protagonisti, e ci vengono persino regalate due anticipazioni dal nuovo disco: “Rivus Altus”, che parla delle storie oscure di Venezia, e “Antares”, il ‘colle maledicto‘ dietro dove l’omonima stella tramonta e oggetto alla fine del Trecento di un editto dell’Imperatore Teodosio in proibizione dei culti pagani.
Visivamente, gli show dei Kanseil sono sempre molto coinvolgenti, tant’è che iniziamo a vedere i primi moshpit guidati dall’intrecciarsi dei riff di Marco Salvador e Luca Rover insieme al flauto di Stefano Da Re e alla piva di Luca Zanchettin.
Dalla seconda prova in studio, Fulische, viene proposta “Vallòrch”, ma il casino vero si scatena sull’immancabile finale costituito da “Panevìn”, sulla quale i presenti regalano alla formazione veneta tutta l’energia possibile. (Dario Onofrio)

Artista: Kanseil | Fotografa: Moira Carola | Data: 17 settembre 2023 | Evento: Metalitalita.com Festival | Venue: Live Club | Città: Trezzo Sull’Adda

Davvero una bella festa che inizia a imbroccare verso un crescendo quando sul palco salgono i DIABULA RASA, che come al solito alternano chiacchiere e musica in una specie di lezione di storia sui manoscritti dai quali hanno tratto ispirazione per i loro pezzi.
L’impatto scenico della band è sempre molto apprezzato, fra ghironde, chitarre ricostruite come se fossero uscite dal Medioevo, tastiere e l’alternarsi delle voci femminili: posati su una solida base di ricerca storica, i Diabula fanno danzare gli astanti del Live Club e in modo ancora più divertente fanno alzare a tutti un cartello con scritto “In Taberna”, proprio quando reinterpretano la famosa canzone uscita dal manoscritto dei Carmina Burana.
Dopo un saluto tra il serio e il faceto, parlando di come la band sia partita come compagnia di rievocazione storica e poi abbia cambiato nome per via di un inghippo con una azienda Coreana, l’intreccio di ghironda e tamburi ha il suo apice su “Tsanich”, dall’ultima prova in studio della band “Ars Medioheavy” risalente ormai a dieci anni fa. (Dario Onofrio)
E’ invece toccato ai FUROR GALLICO portare una ventata leggermente più estrema rispetto a quanto visto ed ascoltato sino a questo punto e, soprattutto, a quanto è arrivato in seguito.
La band lombarda ha confermato ancora una volta l’abilità e la forza di appropriarsi del palco, capitanata da un Davide Cicalese davvero su di giri, capace di trascinare il pubblico durante i cinquanta minuti a loro disposizione. Sono le parole de “La Nebbia Della Mia Terra” dall’ultimo “Dusk Of The Ages” a creare il giusto impatto con un Live Club già pieno per due terzi e, alla domanda “La conoscete questa?” con cui prende il via “Venti Di Imbolc”, l’euforia sale di livello, disegnando un vorticoso movimento di teste danzanti.
Il growl di Davide, sublimato dalle dolci note elargite da arpa e tin whistle, hanno creato un perfetto panorama di chiaroscuri, testimoniato dal brano “Banshee”, durante il quale il frontman comasco ha indossato una bandiera brasiliana lanciata nel frattempo dal pubblico.
Performance come detto convincente, ulteriormente impreziosita dalla voce di Paola Urso, protagonista, insieme allo stesso Cicalese, di una “Waterbrings” e “Canto d’Inverno” davvero toccante. Una stoccata furiosa (appunto) che ha trovato il suo culmine nella conclusiva “The Phoenix”, bollando definitivamente l’ottimo prova del gruppo tricolore. (Andrea Intacchi)
Sono le 18:00 quando il nome WIND ROSE appare sui due schermi ai bordi del palco. Le luci si tingono di rosso e il rumore battente del martello contro il ferro rovente inizia ad essere insistente. Il caldo afoso è solo un’aggiunta fisiologica ed aspettata in quella che sembra essere, a tutti gli effetti, una forgia nanica.
La Montagna Solitaria, dimora del regno nanico di Erebor si staglia sullo sfondo, alta, imponente e maestosa, esattamente come J.R.R. Tolkien la descrisse ne “Lo Hobbit” ed è in questo momento che i nani dell’heavy metal fanno la loro comparsa, vestiti di pellicce ed armature di egregia fattura; il batterista scandisce il tempo e gli italianissimi Wind Rose sono pronti a spaccare il palco.
“Army Of Stone” è l’acciarino che accende la fiamma della forgia e setta l’asticella per la serata con una bella iniezione di energia. Il tempo di un primo applauso e la band batte il ferro finché è caldo passando a “Fellows Of The Hammer”, uno dei ritornelli più energetici ed epici del repertorio preparato per questa decima edizione del Metalitalia Festival.
Il pubblico risponde e iniziano i salti, si apre un mosh pit al davanti al palco ed è chiaro a tutti che le cose si stanno facendo incandescenti. “Sapete cosa c’è di meglio di un nano? Un nano ubriaco!” grida il cantante Francesco Cavalieri mentre intona l’intro di “Drunken Dwarves”, capace di trasformare il pubblico accaldato in una vera e propria taverna dove ripulirsi la gola con del fresco succo di malto prima di tornare nelle viscere della montagna con “Mine Mine Mine”.
La fatica si sente, la compagine ha bisogno di riprendere fiato: un’ottima occasione per il vocalist di scambiare quattro chiacchiere con le sale gremite da un pubblico che, raggiunto questo punto, sembra essere insaziabile e risponde con entusiasmo.
Il concerto riprende con “Gates Of Erkund”, un tributo al mondo di Warhammer perché, diciamocelo chiaramente, non importa la saga di provenienza, i Wind Rose sono sempre pronti a cantare di nani. L’universo tolkieniano torna protagonista con “The Battle Of The Five Armies” mentre la chiusura è, ovviamente, data al cavallo di battaglia: “Diggy Diggy Hole”. Il brano, cover della celeberrima canzone ispirata al mondo del videogioco “Minecraft”, è pura energia che fa saltare tutta la sala esplodendo in un pezzo dance accompagnato da un video in cui le simpatiche creature della Terra Di Mezzo si mettono dietro la console e fanno vedere al pubblico del Live Club che anche i grandi artisti sanno prendersi poco sul serio, a volte.
L’impresa epica è compiuta e i nani lasciano uno stage bollente in attesa del prossimo gruppo. (Emanuele Giarlini).
Finita l’apoteosi ‘dwarven metal’ entriamo a gamba tesa nel mondo dei festival tedeschi con la penultima band in scaletta per questa seconda giornata di Metalitalia.com Festival. Pensiamo che non vi ci vorrà molto a cercare il significato del nome FEUERSCHWANZ su internet, quindi vi lasciamo alle vostre risate: i simpatici teutonici hanno portato sul palco del Live Club uno show estremamente divertente, tamarro al punto giusto anche per attirare chi ha deciso nel frattempo di cenare in attesa degli headliner.
Intanto ci siamo chiesti come abbiano fatto Hauptmann Feuerschwanz e soci a cantare in cotta di maglia e costumi tutto il tempo, visto che le temperature risultano in salita sul termometro e non di poco (soprattutto per il pienone sotto al palco), anche se sin dalle prime note di “Untot im Drachenboot” non abbiamo potuto far altro che stamparci dei sorrisi ebeti sulla faccia e danzare come forsennati.
Il power metal folkeggiante dei Feuerschwanz è infatti irresistibile, e l’alternanza di canti fra Hauptmann e Prinz è talmente coinvolgente che ci ritroviamo in breve a stentare frasi in tedesco, anche se, per fortuna, alcuni ritornelli sono in inglese, come quello di “Bastard Von Asgard”, che infatti viene cantata da tutto il locale.
Ma la simpatia del sestetto crucco continua con pezzi come “Ultima Nocte” e la divertentissima “Berzerkermode”, supportata da una lezione di fitness dal vivo a cura delle due danzatrici che accompagnano la band, con tanto di via ad un wall of death dato grazie alle trombette da stadio.
Le sorprese iniziano però con la cover di “Dragostea Din Tei” degli O-Zone che richiama all’interno del locale molti di coloro che erano usciti a cenare per cantare tutti insieme “nu mă, nu mă iei” come fossimo ancora nel 2002. Dopo “Das Elfte Gebot” è il momento degli encore, che vengono aperti da un’altra cover ma decisamente meno dance: il Live Club esplode quando gli astanti riconoscono le note di “Warriors Of The World United” dei Manowar, sulla quale parte anche un improbabile (ma scenicamente efficace) pit di vogatori, mentre molti sono impegnati a mostrare i loro sign of the hammer nel cielo.
Dopo una capatina nella Terra di Mezzo con “Rohirrim”, pezzo che culmina con la riproposizione da parte della bravissima Johanna von der Vögelweide del tema dei domatori di cavalli tratto dalla colonna sonora del film di Peter Jackson, la chiusura non può che essere affidata alla festaiola e altamente alcolica “Die Hörner Hoch”, apprezzatissima da una platea già sudata e ansimante per il pogo.
Una parentesi da Oktoberfest accolta benissimo dal Live Club, che ormai è carico a mille per l’attesissimo headliner. (Dario Onofrio)

Artista: Feuerschwanz | Fotografa: Benedetta Gaiani | Data: 17 settembre 2023 | Evento: Metalitalita.com Festival | Venue: Live Club | Città: Trezzo Sull’Adda

 

Non è un mistero che tutti i presenti siano qui soprattutto per loro – e il sold-out registrato dalla data mesi fa ne è testimone e conferma: quattro anni senza i bergamaschi FOLKSTONE si sono fatti sentire, con in mezzo una pandemia e tanto altro ancora, ma, come succedeva qualche anno fa, siamo ancora una volta tutti qui sotto al palco.
Un Live Club stracolmo all’inverosimile canta all’unanimità “Hallowed Be Thy Name” degli Iron Maiden, riprodotta dalle casse come intermezzo, aumentando la tensione alle stelle che viene poi sfogata in un boato incredibile quando Lore, Roby, Maurizio, Edo, Federico, Andre, Luca, Marco, Gianka e Silvia salgono sul palco.
Un botto assordante, tale che la band si commuove e aspetta ancora un attimo prima di iniziare a suonare “Dalla Mia Fossa”, capace di scatenare immediatamente gli astanti.
Le voci all’unisono del pubblico sono talmente forti che a momenti sovrastano gli strumenti dei Folkstone: c’è gente, in sala, che viene persino dal Brasile e dalla Colombia per questo concerto, che prosegue su “Diario di un Ultimo”, tratto dall’omonimo ultimo disco della band uscito nel 2019.
La commozione è palpabile, e i Folkstone non si fermano un attimo: è un salto nel passato un passo alla volta, da “Nebbie” a “Frammenti”, fino allo scorrere del video in sottofondo a “In Caduta Libera”. Solo a questo punto i bergamaschi si fermano un attimo per dissetarsi e parlare con il pubblico, con anche una battuta sul nuovo look di Federico Maffei che ci fa sorridere, come se nel 2019 non fosse mai stato annunciato uno scioglimento.
La voce di un Lore in grandissima forma è per un attimo rotta dall’emozione, e il pubblico è così scatenato da ricaricare ognuno di una nuova energia quando viene cantata da tutti i presenti la bellissima “Le Voci della Sera” o quando l’intermezzo folk di “Anomalus” cala sul Live Club.
La prestazione artistica dei Folkstone è letteralmente di un altro pianeta: tutto funziona benissimo, dai flauti di Maurizio ai riff di Luca Bonometti, fino alla ghironda di Marco Legnani e all’arpa di Silvia, sostenuti dall’ottimo impianto sonoro del Live, regalando un ulteriore strato di emozioni e ‘completezza’ a quello che a tutti gli effetti si rivela essere un concerto-evento.
Altri brani che non possono mancare sono “Anime Dannate”, sulla quale viene annunciata anche una novità in arrivo ad ottobre, o quelli che vedono più protagonista la voce di Roby come “Elicriso (C’era un Pazzo)”, ma è sull’ultima parte del concerto che ci viene riservato il vero tuffo nel passato, quando “In Taberna” ci riporta ai tempi dove il folk metal sembrava ancora essere la ‘next big thing’ del nostro amato genere musicale.
Da questo punto in poi è una hit dietro l’altra: i pezzi da gara di bevute continuano con “Un’altra Volta Ancora”, mentre arriviamo in vetta alle Orobie con “Rocce Nere” e ci ritroviamo raminghi su sentieri sconosciuti con “Omnia Fert Aetas”, consci della caducità dell’esistenza.
A questo punto Lore e i soci presentano la line-up di questo speciale concerto, per poi chiudere le danze con “Prua Contro il Nulla”, la versione acustica di “Vortici Scuri”, dove Silvia sfodera un suono d’arpa in grado di toccare le corde emotive (invero già particolarmente provate) dei presenti, e l’immancabile “Con Passo Pesante”.
Sembra essere tutto finito, ma ecco che i nostri ci regalano anche una inaspettata “Respiro Avido” che tra fuochi d’artificio e applausi chiude questa bellissima edizione del Metalitalia.com Festival. Non sappiamo cosa ci riserveranno i nostri eroi del folk metal made in Italy, ma quello di stasera è stato davvero un concerto indimenticabile, con una band in formissima e un pubblico che, magari cambiato, magari cresciuto, ma ha ritrovato qualcosa di se stesso in un periodo di grandi incertezze.
Anche per noi di Metalitalia è stato bellissimo e ringraziamo ancora tutte e tutti voi per aver partecipato così numerosi: «Nulla è la strada che porta alla verità, giochiamoci la vita, la sorte deciderà!». (Dario Onofrio)